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Report a Colori | Menabò | 1 agosto 2017

19 August 2017antonio

Buona la prima per “Cromatismi”, il progetto culturale proposto da un gruppo multidisciplinare di architetti, economisti, sociologi e pianificatori per la città di Massafra.
L’iniziativa, che si inserisce nell’ambito della rassegna cinematografica “Vicoli Corti”, è organizzata dalle associazioni “Are_lab”, “Il Serraglio” e “NeXt Nuova Economia Per Tutti”.
Sulle suggestive ed accoglienti terrazze dell’enoteca “FalsoPepe”, a Massafra, si è svolto il primo di una serie di incontri che, attraverso il dialogo partecipato ed inclusivo, svilupperà il tema della “periferia”, quale opportunità di rilancio delle città.
Ogni serata è contraddistinta da un colore che identifica una differente tematica. Si è partiti dal giallo, martedì 1 agosto, per la “Costruzione di un menabò”, ovvero per la definizione del concetto di “periferia”.
Spesso identificate come realtà in cui si sviluppano gli insediamenti industriali, luoghi di degrado urbano in cui vi è una classe sociale che non riesce ad emergere e portare sviluppo, le periferie vanno invece intese come «parti di città, annesse ad un territorio urbano. – spiega l’architetto Antonio Ippolito (Are_Lab | Nature_City lab – Massafra | Matera)- La periferia non è solo un luogo fisico presente in un territorio ma è l’elemento singolo che compone la città».
A suo dire, bisognerebbe quindi evitare di distinguere la città dalla periferia, «perchè fa pensare subito a un confine, a qualcosa che le separa. – rileva- Un confine che invece dovremmo abbattere affinché le periferie diventino nuovi luoghi di centralità, di ripartenza territoriale».
Ecco quindi che i luoghi di abbandono possono diventare “opportunità”. Come? «Attraverso un nuovo modo di concepire lo spazio urbano, – spiega Ippolito- ridando vita all’esistente secondo il “paradigma delle tre R”: riuso-riciclo-riduco». Ma si pensa anche alla “città natura”, «che concepisce la città secondo altri paradigmi: rinaturalizzare il territorio, ricucirlo e riconnetterlo, per dare nuovi inizi».
È interessante a tal scopo, l’idea di creare a Massafra, nei prossimi mesi, un laboratorio urbano per attivare un processo di riprogettazione della città con professionisti, amministrazione politica e cittadini.
«Crediamo in un futuro che parli partendo dal presente. -dichiara Roberto La Gioia, Urban Planner e referente di Are_Lab – Taranto- Ciò significa ripartire da ciò che abbiamo e quindi dalla politica del riuso degli immobili che se riattivati, rappresentano nuove opportunità per la città».
Spazi da trasformare in contenitori di attività e servizi per il territorio. È chiaro però, che un ruolo fondamentale in questo processo di rigenerazione urbana lo svolgerà la comunità.
«Non servono grandi azioni, è indispensabile che ci sia la volontà. – precisa La Gioia- Ma tutto parte dal confronto, dalla partecipazione». Ecco perché grazie ai flyer distribuiti durante gli incontri e a quelli lasciati in giro per la città di Massafra, ogni cittadino potrà esprimere il suo punto di vista o suggerire un’idea, per uno sviluppo che sia sostenibile sotto tutti i punti di vista.

Nel corso della serata, elemento di discussione e riflessione, sono state anche le esperienze internazionali sul tema della periferia, dell’architetto Enrico Anello (Are_Lab – Palermo) e della dottoressa Maristella Cacciapaglia (NeXt – Roma).
Il primo in Cina, la seconda negli Stati Uniti D’America, hanno condotto una ricerca sui processi di rigenerazione urbana di due periferie, Shenzhen e Pittsburgh, diverse tra loro ma particolarmente stimolanti per la provincia di Taranto.

L’architetto Anello ha raccontato la progressiva trasformazione di piccole città della Cina in metropoli moderne, determinando così una «crescita urbanistica di inaudita rapidità».
Le città in questo angolo di terra vengono «re-immaginate ogni giorno da residenti, società civile, politici, imprese, investitori e visitatori i quali portano con sé la propria identità, le aspirazioni e le richieste per una migliore qualità urbana», spiega Anello.
Ed accade che in territori come Shenzen «si formino esempi di periferie non più come estremi segmenti di una circonferenza, ma come pezzi di città racchiusi in un loro microcosmo». È il caso degli Urban Villages, (a Shenzen sono circa 200): «qui, popolazioni di migranti trovano asilo lontano dalla campagna e dalla povertà in cerca di una riconosciuta identità all’interno del grande sogno metropolitano».
Un panorama a noi inusuale. Un buon esempio da imitare.

A Pittsburgh, invece,«i processi di rigenerazione urbana non sono stati singolari- spiega Maristella Cacciapaglia. Diversamente da Taranto, già nel 1945, con le acciaierie in funzione, a Pittsburgh si è deciso di investire in tali processi e, al tempo stesso, in quelli della diversificazione economica, in una città che, in realtà, non è mai stata solo la città dell’acciaio. In un primo momento si rileva una netta esclusione degli afro-americani dalla politica urbana -prosegue- solo successivamente, la popolazione nera è riuscita ad entrare a far parte dei relativi processi decisionali, sebbene oggi i processi di gentrification mostrano come gli afro-americani siano di nuovo esclusi in determinati territori. Ancora una volta, allora, si rivendica il diritto alla città, affinchè non sia negletto ma effettivamente ascoltato».
L’invito è, dunque, «a fare qualcosa di concreto, nel nostro piccolo, per il nostro territorio. Sicuramente la burocrazia è un impedimento da considerare, ma alle volte basta avere la voglia di cambiare. Ieri l’inferno senza coperchio d’America, Pittsburgh oggi è una città modello per lo sviluppo post-industriale, urbano ed economico. Tuttavia, le problematiche e le “esclusioni” sono state tante, e tante di esse persistono tutt’oggi: sono proprio questi contrasti a delineare la incredibile energia della città».

Emanuela Perrone
Giornalista
emanuela_perrone@libero.it

 

antonio

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